
Massimo Pulini – Flaneur
“Chi è il flâneur? Un girovago o un poeta, un fannullone o un esteta, un sognatore o un realista? Secondo Balzac la flânerie non è una posa ma una disciplina vera e propria associata al cammino, che lui definisce “gastronomia dell’occhio”.
Il flâneur, dal palato, ovvero, dalla pupilla esigente, si serve alla tavola vasta di una città, un buffet aperto da piluccare, scansando i piatti celebri, per saggiare con le dita quelle pietanze rare, di cui si ignorano gli ingredienti.
Il flâneur bighellona senza una meta definita ma con un ideale altissimo, la ricerca della bellezza; una bellezza inedita, inaspettata e quasi intonsa da perseguire negli itinerari alternativi, o governati dal caso, fuori dalle rotte consuete. …”
Così inizia il testo della poetessa e curatrice Sabrina Foschini a introduzione della mostra che Massimo Pulini ha allestito presso la nuova Galleria Zamagni di Rimini.
Una mostra che mette in stringente e inusuale dialogo una ventina di opere storiche con altrettanti lavori dell’artista cesenate contemporaneo.
La passeggiata pittorica che Pulini ci racconta parte da un Ritratto di nobildonna di metà Seicento, dovuto al pennello di Cristoforo Savolini, passa vicino a un Cristo portacroce di un purista francese di primo Ottocento, raggiunge una Maternità di Carlo Carrà, poi un disegno di De Chirico per incontrarne uno attribuito a Egon Schiele, si incrocia per strada un Gagà dipinto da Fortunato Depero e un Nudo femminile di Bruno Saetti, solo per fare alcuni esempi dell’articolata mappa di viaggio e di esposizione, e in questo vagare sui tetti del tempo e tra le lenzuola dei quadri del passato Massimo Pulini dissemina con eleganza le proprie risposte alle tante voci che lo hanno preceduto.
Oltre a un nucleo recente di dipinti su vetro dedicati al tema dell’alfabeto e intitolati “Ut pictura”, i protagonisti dei dialoghi coi maestri sono le opere che Massimo ha realizzato lungo gli ultimi decenni, da un’ardesia dipinta e incisa nel 1990 a opere eseguite su radiografie, con una luce quasi lunare, dai metalli dipinti col solo uso del bianco, che divengono fantasmi appena si muta l’angolo di osservazione, alle coloratissime termografie che sottopongono i corpi a un’accesa scala di calore, che parlano di un pulsare sotto l’epidermide.
Dunque la varietà delle sorprese trova esaltazione nelle relazioni instaurate coi compagni di avventura. Stupisce davvero incontrare nella mostra di un artista contemporaneo una tale raccolta di preziose testimonianze. La natura di ricercatore storico, che indaga e racconta le vite e l’opera di artisti antichi, emerge a pieno in questo singolare allestimento.La presenza delle opere storiche è stata possibile grazie alla collaborazione con la Galleria 56 di Bologna, che ha prestato molte opere di inizio Novecento, ma anche allo stesso Pulini, che ha messo a disposizione alcuni pezzi della propria collezione.

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