I “Confini” di Ronci alla Zamagni di Rimini
Creare artisticamente significa oltrepassare una soglia, gettando il proprio verbo nella materia, oltre i propri confini, per superare limiti e illusioni, aprendosi al nuovo, a nuove versioni di sé per esondare verso l’altro, verso altro, mantenendosi in ascolto e permettendo alle proprie opere di rinunciare «a imporre i propri sogni e che possano anzi, nella dissipazione di questi sogni, consentirci una luce nuova», per dirla con le parole del poeta francese Yves Bonnefois (1923-2016).
«Se le soglie sono illusioni, «insidie», anche le insidie possono diventare occasioni per una riflessione più lucida. E quindi, a loro volta, possono diventare soglie attraverso le quali accedere alla verità nel proprio rapporto con se stessi».
Ecco che i “Confini” dell’artista riminese Stefano Ronci ci conducono a stimoli sondabili attraverso l’interazione con la sua mostra personale, alla galleria d’arte Zamagni, dal 22 aprile (vernissage ore 18) al 3 giugno 2023, per la cura di Ilaria Bignotti col patrocinio del Comune di Rimini.
Classe 1972, Stefano Ronci ha una carriera artistica importante, con mostre e collaborazioni internazionali, e lo ritroviamo nella sua città natale a pochi giorni dal prestigioso premio nazionale conferitogli a Bologna per un’opera realizzata in occasione del decennale di Cubo, Museo d’impresa e di cultura del Gruppo Unipol. Nel 2018 partecipa alla terza edizione della Biennale del disegno di Rimini, nella sezione curata da Massimo Pulini. Dal 2014 è consulente creativo per Saraghina Eyewear, brand per il quale si occupa dell’ideazione e della progettazione delle installazioni espositive fieristiche.
Qui in galleria Zamagni sviscera attraverso una serie di opere di recente realizzazione il concetto di frontiera, di soglia, in relazione al ruolo dello spettatore e dimostrando, pur nella continua diramazione dei materiali e delle forme, di saper portare avanti con coerente poetica alcuni temi chiave, in ambito pittorico coi Paesaggi molli. O nei Paesaggi piatti, con campiture cromatiche che trascolorano l’una nell’altra, dribblando una rappresentazione formale.
La ricerca sul segno inteso come testimonianza dell’uomo e della sua memoria la rintracciamo nelle grandi Mappe, figlie delle indagini artistiche di Alighiero Boetti o della fotografia di Luigi Ghirri; per uno scandagliamento «dell’inganno della soglia», alla ricerca della pienezza dell’esperienza sensibile, poiché per Ronci il confine è possibilità di incontro, sempre e comunque.