rassegna stampa

PATRIZIA ZELANO FINALISTA PRIX PICTET 2025 – STORM. Articolo di Silvia Anna Barrilà – Il Sole 24ore.

Jaar vince il Prix Pictet. Per la prima volta due italiane tra i finalisti – Silvia Anna Barrilà – Il Sole 24ore.

La mostra dei finalisti al Victoria & Albert Museum fino al 19 ottobre, seguiranno tappe alla Ishara Art Foundation di Dubai, al TOP Museum di Tokyo e al Luma Westbau di Zurigo

L’artista cileno Alfredo Jaar ha vinto il Prix Pictet 2025, il prestigioso premio dedicato alla fotografia e alla sostenibilità, fondato dalla banca private Pictet Group di Ginevra nel 2008. Ogni anno il riconoscimento, giunto all’11ª edizione e dotato di 100mila franchi svizzeri, promuove il dibattito intorno ad un tema specifico che quest’anno è “Storm”, tempesta, inteso come fenomeno naturale e metafora delle forze naturali, ma anche sociali, politiche ed economiche, che stanno stravolgendo il nostro mondo.

L’opera vincitrice

È stato annunciato al Victoria & Albert Museum di Londra nel contesto della mostra dedicata ai finalisti del premio, che rimane aperta fino al 19 ottobre e andrà poi in tour alla Ishara Art Foundation di Dubai, al TOP Museum di Tokyo, e al Luma Westbau di Zurigo.
Jaar ha vinto con la serie “The End”, che affronta l’imminente pericolo di prosciugamento del Great Salt Lake nello Utah, negli Stati Uniti, un ecosistema importantissimo che è stato danneggiato dall’eccessiva estrazione di acqua (dalla metà del XIX secolo, ha perso il 73% delle sue acque e il 60% della sua superficie), con rischi per la salute pubblica, l’ambiente e l’economia dello stato. Attualmente, sostiene 2,5 miliardi di dollari di attività economiche dirette ogni anno.
Le opere, di piccolo formato, evitano la spettacolarità, per funzionare come “una sorta di sussurro visivo, un lamento per il nostro pianeta morente”, come ha dichiarato l’artista, che puntava a mostrare il tragico destino del lago, ma al tempo stesso la sua straordinaria bellezza e potenziale.

La carriera

Alfredo Jaar, classe 1956, è un artista già molto riconosciuto, che ha esposto in quattro Biennali di Venezia (nel 1986, 2007, 2009 e 2013), quattro Biennali di San Paolo (nel 1987, 1989, 2010 e 2021) ed è stato incluso in due Documenta a Kassel (1987 e 2002). Ha iniziato a esporre alla fine degli anni 70 e in quasi 50 anni di carriera ha avuto mostre nei musei di tutto il mondo. Da sempre, nelle sue fotografie e installazioni, affronta le tematiche di ingiustizia sociale e le crisi umanitarie. Quest’anno ha già vinto l’Edward MacDowell Medal a Peterborough, in New Hampshire (Usa), mentre l’anno scorso gli è stato assegnato il IV Mediterranean Albert Camus Prize in Spagna. In Italia è rappresentato da Lia Rumma; inoltre, lavora con Thomas Schulte a Berlino e Goodman Gallery a Città del Capo. All’asta i passaggi sono stati 146 a partire dal 1992, con un record di 57mila dollari.

Due italiane tra i finalisti: Patrizia Zelano

Per la prima volta nella storia del premio, anche l’Italia è rappresentata tra i finalisti del premio con due donne: Patrizia Zelano e Marina Caneve, una doppia nomina che è già un grande successo, che avrà risvolti sulla visibilità e la carriera delle due artiste, visto il prestigio del premio e le tappe internazionali della mostra.

Patrizia Zelano, nata nel 1964 a Brescia, di base a Rimini, è stata nominata da Erika Viganò (per ogni edizione, un pool di 350 esperti invita gli artisti a candidare il proprio lavoro, dopodiché una giuria seleziona 12 finalisti, tra i quali viene scelto il vincitore) per il suo lavoro “Acqua alta a Venezia” del 2019, che mostra dei libri salvati da un allagamento in Laguna. “Il mio lavoro parte da un’intuizione” ha affermato Patrizia Zelano, “di formazione sono etno-antropologa, per me è stato fondamentale l’insegnamento di Guido Guidi. Nella mia fotografia ci sono quattro fasi, fatte di introspezione, sincronicità, accidente e meditazione”. Nelle nature morte di libri di Zelano c’è un aspetto fortemente scultoreo, ottenuto anche grazie ad un sapiente uso della luce, che è sempre naturale. “Evocano il tema della tempesta, ma anche il tentativo di recupero e della salvaguardia della nostra cultura millenaria.”

Sul mercato l’artista lavora con la galleria Zamagni di Rimini, una nuova galleria che espone anche ad Art Verona in questi giorni e che le ha già dedicato una personale lo scorso marzo. Le fotografie della serie “Acqua alta” quotano intorno ai 3.500 euro (in edizione di 5 + 2 prove d’artista), ma le dieci selezionate per il Prix Pictet hanno già accresciuto il loro valore e costano intorno alle 5mila sterline (circa 5.700 euro).

Accanto a Patrizia Zelano, l’altra artista italiana candidata al Prix Pictet è stata Marina Caneva, di Belluno, classe 1988 (insieme a Belal Khaled, di Gaza, classe 1992, era tra gli artisti più giovani candidati al premio). Ha partecipato con “Are They Rocks or Clouds?”, del 2015-19, una serie che mostra il modo di lavorare dell’artista, costantemente ispirato al processo di ricerca scientifica, ma al tempo stesso attento all’autonomia dell’opera d’arte. “Parto dall’idea di ecosistema, che sia fisico che culturale, con un approccio interdisciplinare” ha spiegato l’artista. “L’opera affronta il rapporto dell’uomo con l’ambiente intorno a sé, sulla sua complessità e fragilità. In questo caso si tratta della montagna, ma non sempre è così”.
Nel 2023, l’artista ha vinto l’Italian Council per il lavoro “On the Ground Among the Animals”, che pure guarda al rapporto con gli ecosistemi anche affrontando la questione in termini di progettazione e legislazione europea.

Marina Caneve ha già un profilo internazionale, a partire dagli studi svolti in Olanda. L’anno scorso ha avuto una personale al CAP – Centre d’art de Saint-Fons di Lione, e ha vinto diversi premi e bandi, tra cui PAC – Piano per l’arte contemporanea 2023, il C/O Berlin Talent Award (finalista nel 2021), Giovane Fotogafia Italiana, Fotografia Europea Reggio Emilia (2018).

È rappresentata da Montrasio Arte, che l’ha già portata a Paris Photo nel 2024 e le ha dedicato una personale attualmente in corso nella sede di Milano (fino al 7 novembre), in cui sono esposte tre serie di lavori, tra cui alcuni commissionati dal Maxxi. I valori vanno dai 2.500 ai 10mila euro a seconda dei progetti, formati e tirature (alcuni sono da tre e altri da cinque). Non sono cresciuti immediatamente con la candidatura al Prix Pictet, ma sono certamente destinati a salire con il curriculum già denso dell’artista e i progetti in via di sviluppo.

Altri artisti finalisti

Il nome del vincitore Alfredo Jaar è, tra i finalisti del Prix Pictet, quello certamente più noto nel sistema dell’arte contemporanea. Gli altri nominati (sette uomini e cinque donne) rappresentano un mondo globale, con provenienze da paesi come Giappone, Congo, Palestina, Ungheria, America. Tra di loro, Belal Khaled, Hannah Modigh, Baudouin Mouanda, Camille Seaman. Raccontano storie drammatiche di un mondo tormentato, ma non senza speranze. L’augurio è che il loro lavoro riesca a scuotere le coscienze e indirizzare l’umanità verso una svolta.

 

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