Mario Flores “Latografia©. Nel profondo oltre la fotografia” dal 17 febbraio in Galleria

a cura di Valerio Dehò

Con il Patrocinio del Comune di Rimini

dal 17 febbraio al 23 marzo 2024 – Zamagni Arte Rimini

 La mostra di Mario Flores dal titolo “Latografia©. Nel profondo oltre la fotografia” inaugura sabato 17 febbraio dalle 17.30 negli spazi di Galleria Zamagni a Rimini alla presenza dell’artista e del curatore (ingresso libero).

Mario Flores si affaccia al mercato contemporaneo italiano con una personale che fa parte di un progetto di sedici opere mai esposte. Sono i luoghi dell’arte nel mondo, una sorta di viaggio nel viaggio in ambienti di grande fascino.

 Un viaggio inedito per entrare “Nel profondo oltre la fotografia” con una nuova tecnica definita dal critico Valerio Dehò “Latografia”.

Mario Flores lavora sui punti di vista, su quanti elementi cogliamo in uno sguardo immediato e quanti al contrario non ne riusciamo a cogliere o perdiamo. Assistiamo a uno spazio molteplice, a più dimensioni. Viviamo una realtà vera e visionaria nello stesso tempo. L’autore ha realizzato gli scatti originali viaggiando lui stesso come spettatore nei vari musei internazionali. Non solo ha saputo cogliere l’attimo perfetto per un’immagine che abbia un significato, ma è andato oltre la superficie dell’immagine. In alcuni casi si sono articolati incastri prospettici multipli. In altre opere diventa straordinario quello che invece è semplice e quotidiano per molti. È qui che si marca la differenza tra il saper dare valore anche a quello che tutti guardano e scartano per superficialità. Guardare è un’arte.

Portare la fotografia digitale alle origini della fotografia fotografica e inventare una tecnica che ampli la profondità dell’immagine in una dimensione tridimensionale che ha anche la possibilità di andare oltre forse in una ennedimensionalità da scoprire. Mario Flores ha inventato un modo assolutamente originale per costruire la sua idea di fotografia: uscire dai limiti del quadro/inquadratura per dare immagine all’essenzialità dello spazio. Operazione tutt’altro che semplice ma che l’artista ha saputo, dopo una lunga ricerca, portare a dei risultati di eccellenza tecnica oltre che di maturità linguistica. Se tecnicamente il lavoro procede partendo da uno scatto, semplice, il classico attimo perfetto della fotografia dei Bresson e della genia dei Magnum, successivamente i piani delle diverse componenti dell’immagine vengono separati in altrettanti file”. Scrive in catalogo Valerio Dehò curatore della mostra.

LA TECNICA ESCLUSIVA DELLA LATOGRAFIA

 Questo progetto fotografico nasce dall’idea di ritrovare la profondità delle immagini scattate durante i viaggi in Italia e nel mondo. Il risultato è frutto di una lunga sperimentazione che ha attraversato varie fasi di sviluppo. La procedura richiede un importante lavoro di post-produzione grafica. È necessario scontornare la prima parte della scena estraendola e ricostruendo successivamente tutto ciò che è mancante sullo sfondo.

Ogni immagine ha bisogno di una diversa distanza tra le due stampe. Le cornici sono da considerarsi parte integrante dell’opera. Questa tecnica esclusiva viene definita Latografia”. Mario Flores

 Mario Flores arriva dal mondo della musica dove ha collaborato con i maggiori artisti e cantanti italiani e internazionali. Un percorso che lo ha portato verso una ricerca di bellezza, armonie e suggestioni vissuto e narrato con la fotocamera e la videocamera e che alla fine degli anni 90 lo ha definitivamente accostato alla fotografia professionale pubblicitaria parallelamente alla grande passione per la fotografia d’arte. Il 2020 è un anno che si apre a una profonda ricerca frutto di studi e di una lunga sperimentazione che ha attraversato varie fasi di sviluppo: nasce l’idea di trovare una profondità alle immagini scattate durante i viaggi in Italia e nel mondo.

Il risultato di questo concetto e della tecnica relativa consiste proprio nel far vedere lo spazio in una nuova prospettiva, ci troviamo davanti un mondo nuovo da esplorare. Nuovo però anche familiare per quelle esperienze sono alla portata di tutti, sentiamo in qualche modo di averle vissute. La serie in particolare dedicata ai musei mostra spazi sorprendenti per l’originalità del punto di vista perché il pubblico può addentrarsi in un angolo dell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, del Mart di Rovereto o del Moma di New York come se si trovasse in una posizione unica e irripetibile, con un approccio silenzioso di scoperta”. Valerio Dehò.

Mario Flores – Latografia©. Nel profondo oltre la fotografia

a cura di Valerio Dehò

Dal 17/02/2024 – Al 23/03/2024

Zamagni Arte Rimini – via Dante Alighieri 29-31, angolo via Cesare Clementini Rimini

La mostra è accompagnata dal catalogo NFC edizioni, con testi del curatore Valerio Dehò

Inaugurazione: sabato 17 febbraio dalle 17.30

Orari di apertura: dal lunedì al sabato dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 19.30

Ingresso libero

 

Mario Flores – Latografia© Nel profondo oltre la fotografia

Testo critico del catalogo a cura di Valerio Dehò

Portare la fotografia digitale alle origini della fotografia fotografica e inventare una tecnica che ampli la profondità dell’immagine in una dimensione tridimensionale che ha anche la possibilità di andare oltre forse in una ennedimensionalità da scoprire. Mario Flores ha inventato un modo assolutamente originale per costruire la sua idea di fotografia: uscire dai limiti del quadro/inquadratura per dare immagine all’essenzialità dello spazio. Operazione tutt’altro che semplice ma che l’artista ha saputo, dopo una lunga ricerca, portare a dei risultati di eccellenza tecnica oltre che di maturità linguistica. Se tecnicamente il lavoro procede partendo da uno scatto, semplice, il classico attimo perfetto della fotografia dei Bresson e della genia dei Magnum, successivamente i piani delle diverse componenti dell’immagine vengono separati in altrettanti file. Naturalmente quest’ operazione chirurgica richiede non solo grande e paziente lavoro, ma anche una scelta precisa e consapevole dell’operatività successiva. Sottraendo gli elementi in primo piano, l’immagine che rimane dopo questo cut up va reintegrato attraverso la postproduzione. Il file va ricomposto, l’inquadratura originaria che possiamo definire sorgente, ha bisogno di essere risarcita di quello che le è stato tolto. Ottenuto un secondo piano, Flores passa al terzo piano con il medesimo procedimento: analisi e ricomposizione dell’immagine soggiacente. Nel momento di sintesi finale appare uno spazio fotografico che entra nelle architetture della rappresentazione e colloca le figure umane in una sorta di spazio metafisico. La scelta finale dell’opera è quella di essere presentata in un box che ne valorizzi la tridimensionalità e sia capace di raccontarla al pubblico. Ma la finalità non è di dare l’immagine realistica a qualcosa che già esiste, non si tratta di ricordare le foto panoramiche o lo spettacolo di consumo del cinema tre 3 o l’ologrammetria che ha funzioni puramente documentarie. Si tratta invece di costruire una realtà ulteriore, generata dalla creatività e dalla soggettività dell’Arte.

Infatti, non è il realismo che interessa Mario Flores perché quello che si vede appartiene solo alla realtà fotografica pur nella dettagliata chiarezza dei dettagli, nelle nuance delle ombre, nel rigore formale che l’artista sa creare. Concettualmente si stabilisce un legame tra la fotografia classica, che coglie il momento irripetibile con l’elaborazione della post-produzione che ricuce chirurgicamente le immagine e dando una dimensione inattesa agli spazi. Non si tratta di fotografia tridimensionale, non sono più scatti combinati assieme, si tratta invece di scavare da un’immagine presa da un’esperienza di vita, da un viaggio, qualcosa che ancora non c’era. Il lavoro ricombinatorio chirurgico di restituzione della parte dell’immagine separata richiede anche una ricerca di altre immagini che la possano ricostituire. Anche spostare una semplice ombra presuppone per esempio che il muro o il pavimento su cui veniva proiettata debbano essere reintegrati.

Il risultato di questo concetto e della tecnica relativa consiste proprio nel far vedere lo spazio in una nuova prospettiva, ci troviamo davanti un mondo nuovo da esplorare. nuovo però anche familiare per quelle esperienze sono alla portata di tutti, sentiamo in qualche modo di averle vissute. La serie in particolare dedicata ai musei mostra spazi sorprendenti per l’originalità del punto di vista perché il pubblico può addentrarsi in un angolo dell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, del Mart di Rovereto o del Moma di New York come se si trovasse in una posizione unica e irripetibile, con un approccio silenzioso di scoperta.

Le immagini di Flores evocano il silenzio della profondità, dello sguardo che sa andare oltre la superficie. E questo perché l’artista non replica nulla, perché parte dalla realtà fattuale di determinato momento perfetto per creare una visione propria, personale a cui il visitatore è invitato a partecipare. Del resto, il museo è il tempio dello sguardo. Il visitatore va per osservare, in questo caso viene anche osservato, diventa un’opera come quelle che ha attorno.

La sensibilità di Mario Flores sa trasmettere anche un mistero aggiunto. Anche i visitatori in riposo o al bar della Tate Modern a Londra escono dall’ordinario e diventano involontari attori di una messa in scena nuova. Mario Flores sa calibrare perfettamente le distanze, i vuoti, il rapporto tra gli oggetti e la gente. Il fatto sorprendente è che la staticità misteriosa di queste latografie viene affiancata comunque dal movimento di scoperta dell’opera che è comunque richiesto allo spettatore. La dimensione temporale è il movimento che accompagna lo sguardo che entra nella profondità dei piani dell’immagine. C’è una dimensione quasi scultorea che si avverte, la nostalgia dello spazio aggrediti quotidianamente dalle migliaia di immagini sostanzialmente bidimensionali dei media. Ritornano alla mente le parole profetiche di Umberto Boccioni sulla scultura quando realizzò Forme uniche nella continuità dello spazio (1913), la tecnica della Latografia© richiede la collaborazione dell’osservatore per vivere lo spazio, per attraversarlo e rivelarlo. Una forma di elementarità interattiva che appartiene alla storia dell’arte dalle scatole prospettiche e ai panopticum ottocenteschi ai meravigliosi boxes di Joseph Cornell che tanto colpirono i surrealisti.

Inoltre, Flores ha realizzato gi scatti originali viaggiando lui stesso come spettatore nei vari musei nel mondo. non solo ha saputo cogliere l’attimo perfetto per un’immagine che abbia un significato, ma è riuscito ad andare oltre la superficie dell’immagine. In alcuni casi si sono articolati incastri prospettici multipli. Una sorta di viaggio nel viaggio. In altre opere diventa straordinario quello che invece è semplice e quotidiano per molti. È qui che si marca la differenza tra il saper dare valore anche a quello che tutti guardano e scartano per superficialità.

Guardare è un’arte.  

In molti casi in queste opere si accentua il rapporto interno-esterno. Il luogo museale, struttura conservativa ma anche macchina degli sguardi, dialoga con se stesso essendo un’architettura articolata e complessa, oltre che con gli spazi interni con il contesto urbano: la città, la piazza, la strada. Il punto di vista parte da dentro lo spazio scenico museale e si proietta verso il fuori. Comunque, è la vettorialità ad essere fondamentale. Con la visione dal di dentro si neutralizza il paesaggio urbano, la sommatoria delle arti architettoniche e urbanistiche, e si instaura un dialogo tra soggettività e oggettività, tra il guardare e l’essere visti. Questo movimento concettuale amplifica il valore e l’originalità di questi lavori. La stessa presenza o anche il protagonismo dei visitatori non è paragonabile a quello di Thomas Ruff che ha reso protagonisti i frequentatori dei musei, mettendoli in relazione con gli spazi e le opere. Flores lavora invece sui punti di vista, su quanti elementi cogliamo in uno sguardo immediato e quanti al contrario non ne riusciamo a cogliere o perdiamo. Vedere è anche semplificare, in questo caso la complessità diventa anche il mistero poetico dell’essere entro uno spazio molteplice, a più dimensioni. Si alimenta al fascino per un’opera d’arte che ci fa vivere una realtà vera e visionaria nello stesso tempo. Del resto, la dimensione metafisica di questi lavori ci parla dell’enigma del tempo che traluce nelle relazioni spaziali, nei piccoli infiniti dentro cui gli uomini abitano. E ci riconsegna l’idea che l’effimero e l’eterno non sono in conflitto perché come ha affermato Charles Baudelaire: “Il compito dell’ar­te consiste nell’estrarre l’eterno dall’effimero”. (Il pittore nella vita moderna, 1863).

 Siamo lontani dalla realtà virtuale e praticamente all’opposizione radicale delle seduzioni dell’intelligenza artificiale. L’arte possiede la verità come fondamento costitutivo. La realtà in sé è meno importante perché gli artisti non sono dei semplici invitati al gioco del mondo. Sono loro che ne creano le regole. 

 

Mario Flores Bio

Mostre

2014 – Mostra personale “16 vibrazioni tra arte e realtà” Lacerba Rimini.

2015 – Mostra collettiva Lokarjeva Galleria Ajdovščina, Slovenia (Premio Lynx).

2015 – Mostra collettiva Lux Art Gallery Trieste Premio Linx.

2016 – Premio Linx. Mostra collettiva sala degli archi (scali della Fortezza Nuova) Livorno.

2020 – Collettiva “Solstizio d’estate” Galleria Zamagni Arte Rimini.

2024 – Dal 17 febbraio al 23 marzo Latografia©. Nel profondo oltre la fotografia personale di Mario Flores a cura di Valerio Dehò Galleria Zamagni Arte Rimini.

Premi

2015 – Premio Linx speciale della giuria con la foto “Il padrone e il levriero”.

2015 – Finalista al Donkie Art Prize 2015 con la foto “The steak house” in esposizione al 3331 Chiyoda Art Center Tokio.

2015 – Selezionato allo Street Photo Contest Urban 2015.

Menzione d’onore

2016 – Black and White Spider Awards – Menzione d’onore.

2017 – Black and White Spider Awards – Menzione d’onore.

2020 – Black and White Spider Awards – Menzione d’onore.

https://www.zamagniarte.it/artista/mario-flores/

 

 

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